"Vedevo mio figlio 6 ore davanti allo schermo senza muovere un dito: l'interesse e l'apprendimento è ovvio che calino. Non sono stati due anni semplici, non è stato come se i ragazzi avessero frequentato la scuola normalmente"
Greta, addetta Contabilità Generale di Parmacotto Group e mamma di un
ragazzo adolescente, ci racconta del lockdown e di come il benessere
delle comunità in cui si vive sia importante.
Benessere significa
equilibrio, trovare il giusto connubio tra sfera psicologica e fisica.
Riuscire a conciliare tutto per arrivare a un generale benessere. Non è
facile. C'è un tema di tempo e uno di priorità: io cerco di non far
mancare niente a nessuno. Anche se ora che mio figlio ha un'età più
gestibile sto riuscendo a pensare più a me stessa.
Il benessere lo si
evince da tante cose, in ogni campo, in ogni settore della nostra vita.
L'obiettivo è trovarlo. Oggi più che mai, a seguito della pandemia, ci siamo resi conto di quanto la salute e il benessere siano delle priorità.
Per
contribuire ad una buona salute, oltre all'attività fisica, è
fondamentale una buona alimentazione. Lavorando in un Gruppo che cerca
in tutti i modi di contribuire al benessere a tavola, questo è un
argomento che sento molto vicino.
Poi i rapporti con gli altri: io personalmente cerco di essere solare e di vedere sempre il lato positivo.
Durante la pandemia ci
siamo resi conto di quanto sia fondamentale non sottovalutare nulla.
Pensiamo alla prevenzione, anche per i giovani: prevenzione dal punto di
vista medico, alimentare, dello stile di vita, del non esagerare con le
cose che fanno male. È difficile perché si tende a pensarci sempre
dopo.
Durante la prima ondata è stato rincuorante vedere il senso di umanità che si è creato all'interno delle comunità:
a partire dai piccoli negozi che si sono resi disponibili nel
reinventarsi e organizzarsi con consegne a domicilio per andare incontro
a tutti, in particolare agli anziani e a chi era in maggiore
difficoltà. Un senso di appartenenza molto forte.
La Dad ha portato a
dover gestire diverse difficoltà di apprendimento a livello materiale.
Proprio per le difficoltà anche dei professori più anziani a gestire gli
strumenti informatici. Non tutti erano in grado di coinvolgere i
ragazzi in modo più interattivo per mantenere alto l'interesse. Vedevo
mio figlio 6 ore davanti allo schermo senza muovere un dito:
l'apprendimento è ovvio che cali. In primis per le paure che la pandemia
ha tirato fuori: mio figlio ad esempio è più timoroso. Pian piano si
sta tornando alla normalità, ma sarà difficile dimenticarsi
completamente questo stop e questa "bolla" in cui abbiamo vissuto.
Però
sono altrettanto convinta che i giovani, rispetto a noi adulti, abbiano
una maggiore capacità di adattamento e sanno reagire alle situazioni in
modo più spiccato. Penso che avranno ancora più voglia di prendere in
mano la propria vita, cercando di recuperare il tempo perso;
rimarrà un'esperienza sì negativa, ma potrà essere d'aiuto per la loro
crescita e per dare la giusta priorità ai valori, come appunto la salute
e i rapporti con le persone.
Anche se tra qualche anno rimarrà solo un lontano ricordo, lascerà comunque il segno.
"Connessioni" è
stato un regalo che l'azienda ha voluto fare a noi dipendenti e ai
nostri familiari per farci capire che non eravamo soli nel vivere questa
situazione difficile; il progetto ci ha fornito qualche strumento in più per cercare di affrontare meglio la situazione dovuta al lockdown.
L'obiettivo è condividere esperienze, soprattutto oggi che la socialità
è difficile. Eravamo tutti in difficoltà, ho apprezzato molto sia il
gesto che lo sviluppo del progetto.
Mi sono sentita subito
coinvolta, perché nelle parole dei professionisti che ci hanno spiegato i
disagi dei ragazzi ritrovavo quello che stavo vivendo con mio figlio.
Ho cercato di trarre spunti, consigli, per cercare di aiutare ed essere
vicina a mio figlio; cercando di guardare con un occhio più critico
tutti i suoi comportamenti, per capire se poteva esserci qualche
disagio. Ascoltando le storie degli altri ho capito che c'era chi viveva
situazioni più drammatiche della mia. Il progetto, ora solo per i
dipendenti, un giorno potrebbe essere aperto a tutti: ci ha dato una
base scientifica con esperti professionisti, è stata una sicurezza
ascoltare voci sul campo che ci hanno dato fiducia e strumenti
importanti da poter seguire.
Cos'è per me il coraggio di essere buoni? Usare la gentilezza, che non è una pratica scontata nel mondo di oggi. Avere il coraggio di essere buoni è una bella sfida: alla fine sono convinta che essere gentili e cercare di aiutare il prossimo siano qualità vincenti, sempre e su tutto. In tutti gli ambiti della mia vita cerco di mettere in campo questa cosa, sia come mamma che come collega. Penso che se ognuno di noi mettesse il proprio piccolo contributo di gentilezza sarebbe un mondo migliore.