Benessere dell'ambiente

La leva innovativa della sostenibilità per sconfiggere il “sonnambulismo”

Pierangelo Soldavini • Giornalista di Nòva24 - Il Sole 24 Ore

La leva innovativa della sostenibilità per sconfiggere il “sonnambulismo”

“La società italiana sembra affetta da sonnambulismo, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti”

L’Italia? È diventato un Paese di “sonnambuli”, per di più paralizzati da un’emergenza continua, che si trasforma nel pretesto per un immobilismo che rischia di coinvolgere soprattutto le generazioni più giovani. Il quadro che esce dall’ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese è tutt’altro che confortante. “La società italiana sembra affetta da sonnambulismo, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti”, sottolinea il Censis puntando il dito in primo luogo sulla crisi demografica, che in prospettiva porterà a una riduzione di 4,5 milioni di persone per la popolazione italiana entro metà secolo, come se sparissero due città come Milano e Roma insieme. 

L’invecchiamento della popolazione – l’Italia da questo punto di vista è tristemente posizionata al secondo posto dietro al Giappone - è un problema enorme con conseguenze rilevanti sotto il profilo economico e sociale. Da affrontare fin da subito, senza ritardi. Anzi siamo già in ritardo. Ma quello che risulta più preoccupante è quel “sonnambulismo”, quel procedere senza direzione, a occhi chiusi, facendosi guidare dal caso. Il Censis stesso rileva come non si tratti solo di una assenza di guida a livello di classi dirigente del Paese, ma di un fenomeno diffuso nella “maggioranza silenziosa” degli italiani.

Un’apatia che deriva dalla sensazione generalizzata di contare poco nel determinare il futuro della nostra società – lo denuncia più della metà della popolazione -, qualcosa che va oltre la semplice perdita di fiducia nella politica, ma che si traduce nell’immobilismo sociale, nell’incapacità di guardare con determinazione al futuro e alla risoluzione dei problemi che attanagliano la comunità. È l’atteggiamento con cui si affronta la crisi demografica incombente e il fenomeno migratorio globale, ma anche la sfida del cambiamento climatico: l’84% degli italiani è terrorizzato dal clima “impazzito”, tassi non molto lontani denunciano le paure per gli altri problemi, dai migranti alla guerra. 

Il risultato è che se tutto è emergenza, nulla è davvero emergenza. 

Questo atteggiamento finisce quindi per accentuare la sensazione di impotenza nei confronti delle grandi crisi, che finisce per congelare le persone ripiegate su loro stesse.

In tutto questo i più giovani sono quelli che soffrono di più: è la generazione più penalizzata perché sembra essere privata della prospettiva di un futuro, dal punto di vista economico ma anche sociale e personale. Eppure le generazioni più giovani dovrebbero essere quelle che, in un Paese con una dinamica evolutiva sana, spingono di più verso il cambiamento e il progresso: dovrebbero essere quelli con meno paure e più coraggio, che trascinano il Paese con il loro entusiasmo anche utopico. Invece è la fascia più bloccata dall’impotenza e dalla scarsa rilevanza in un Paese sempre più vecchio, più sonnambuli tra sonnambuli.

Come uscire quindi da una spirale di negatività e pessimismo che rischia di trascinare l’Italia in un avvitamento su se stessa senza apparente fine? Da qualche parte bisogna pur iniziare per invertire la tendenza! Sotto questo profilo le aziende hanno senz’altro un ruolo decisivo per supportare le carenze evidenti della politica. Dare fiducia ai più giovani significa trasformare le crisi in opportunità per poter tirare fuori il meglio dalle persone e farle sentire inserite in un meccanismo positivo, di resilienza come si preferisce dire oggi. Partendo anche da piccole cose che diventano rilevanti.

Un esempio è quello della sostenibilità, della strategia necessaria per contrastare una crisi climatica che sembra irreversibile. E che invece necessita di strumenti innovativi che possano invertire il trend e restituire fiducia nel futuro. Ogni azienda può partire dal proprio specifico. Anche una trasformazione come quella del packaging riciclabile come carta diventa un segnale fondamentale che amplifica i suoi effetti andando ben oltre l’impatto concreto. Proviamo a esaminare. Una vaschetta in materiale simile alla carta rappresenta un’innovazione per l’intero settore alimentare con un impatto che diventa significativo in termini di sostenibilità di pari passo con la progressiva adozione da parte del comparto alimentare. Bisogna infatti puntare sul cambiamento andando oltre le divisioni concorrenziali, con il timone puntato fisso sul bene comune, l’obiettivo che dovrebbe avere la priorità di fronte alle emergenze. Un segnale a livello sistemico che va a smuovere le persone, risvegliando le coscienze e riattivando la creatività. 

Dietro a quella piccola grande innovazione che alza l’asticella del concetto di eco-pack c’è un percorso di riduzione della carta e di circolarità delle risorse, frutto di una strategia convinta e di una lunga ricerca che ha permesso di convogliare le energie migliori dell’azienda, spesso quelle più giovani e aperte al cambiamento, indicando una strada di trasformazione possibile per tutti. 

Così la sostenibilità può davvero diventare una piattaforma insostituibile di crescita e lievitazione al servizio del sistema Paese, per dimostrare che il cambiamento è davvero possibile per il bene di tutta la società, riuscendo soprattutto a coinvolgere i più giovani, quelli tradizionalmente più aperti al nuovo e che hanno bisogno oggi più che mai di sentire la fiducia del resto del Paese. Solo così, partendo da piccole grandi cose in grado di fare leva d’innovazione, tutti possono capire che l’Italia può invertire il trend. E che sconfiggere il “sonnambulismo” è possibile.

Le nostre storie