Sergio Ferraris • Giornalista scientifico e ambientale
“La produzione d'energia green sta entrando nei fatti all'interno della produzione manifatturiera sia per il clima, sia per la convenienza.”
Sostenibilità e prodotti. O meglio rinnovabili e manifattura. In questo rapporto l'energia gioca un ruolo cruciale. Già, perché per produrre qualsiasi cosa, serve energia. Si tratta dell'energia "nascosta" in ogni prodotto che consumiamo che è molto ma molto difficile da individuare e misurare. Facciamo un esempio e ricostruiamo il percorso con un prodotto alimentare: un frutto. Prima d'arrivare sulla nostra tavola, il prodotto, giunge al punto vendita, spesso imballato sia per il consumatore sia per la grande distribuzione, ed è posto in uno scaffale refrigerato, dopo essere stato in un deposito all'ingrosso refrigerato ed essersi mosso tramite un veicolo refrigerato. Imballi, refrigerazione, locali e veicoli consumano energia sia nell'esercizio sia nella loro manifattura. E questo è solo un pezzo del percorso. Prima ancora, infatti, c'è il trasporto dal campo, la coltivazione, il trattamento del suolo con mezzi meccanici, i fertilizzanti e l'irrigazione, tutti passi che consumano energia che, fino a un recente passato, era di fonte fossile. Quindi ad alta emissione di CO2.
Trasformare uno scenario così complesso non è semplice. Bisogna prima di tutto conoscere a fondo la "rete energetica" che circonda il prodotto. Il principale strumento è la valutazione del ciclo di vita (Lca, Life cycle assessment) strumento che presenta in forma aggregata le emissioni, i rifiuti e l'uso del suolo dal seme alla cucina per unità di diversi prodotti alimentari. Si tratta di un percorso articolato anche per questioni legate alla geografia che influenza i consumi energetici. La coltivazione di chilogrammo di semi di soia, per esempio, può emettere 630 g/CO2eq negli Stati Uniti, 5.280 in Argentina e 7.410 in Brasile (fonte: Quantis).
I singoli pezzi di una filiera di prodotto però, possono fare molto a cominciare dall'efficienza energetica. Un percorso che vede l'Italia in ottima posizione. Il nostro Paese, storicamente privo di risorse energetiche proprie e di materie prime, sul ciclo dei prodotti è tra i migliori al mondo. L'Italia impiega 2,5 MJ per dollaro di Pil prodotto, contro i 2,8 della Germania (fonte: Irena) e di questa energia primaria italiana il 17,1% è rinnovabile. La Germania si ferma al 15,8%. Ciò è dovuto al fatto che nonostante l'energia in Italia sia sempre stata cara, abbiamo una grande tradizione impiantistica sull'argomento e le imprese hanno "approfittato" dell'efficienza energetica usandola anche come leva di mercato per imporsi.
Già nel 2005, Pasquale Pistorio allora presidente di STMicroelectronics che produce microchip, riuscì a tagliare del 5% l'energia necessaria alla produzione della singola unità di prodotto, con un risparmio di 130 milioni di dollari (Fonte: QualEnergia). Oggi, l'esperienza di Pistorio si è diffusa a macchia d'olio. Le imprese che necessitano d'elettricità e calore, come le cartiere, autoproducono entrambi adoperando gas naturale - meno inquinante tra le fonti fossili - con un'efficienza molto alta, visto che il calore residuo non utilizzabile per l'asciugatura della carta in seccheria a circa 70-80°C viene usato in altre parti dei processi. Un processo industriale già pronto a essere rinnovabile al 100% quando si potrà prelevare dalla rete del gas il biometano, la cui molecola di carbonio è stata sequestrata dall'atmosfera durante la crescita dei vegetali, i cui scarti sono utilizzati per produrlo. Risultato emissioni zero.
Discorso analogo per rinnovabili come il fotovoltaico - il cui prezzo di produzione elettrica è calato dell'89% in dieci anni - che posato sui tetti degli stabilimenti può alimentare direttamente processi non critici per interruzioni di breve periodo, come la refrigerazione, la produzione di calore a bassa temperatura, la ricarica di mezzi elettrici. Nel frattempo, altri sistemi per le rinnovabili hanno seguito la stessa strada. La produzione elettrica da eolico terrestre è diminuita del 70% nel periodo compreso tra il 2010 e il 2020, mentre il prezzo delle batterie al litio per l'accumulo nello stesso decennio è precipitato del 75% (Fonte: Bloomberg).
Il vantaggio principale delle rinnovabili, per le imprese, però, è un aspetto poco noto: la stabilità dei prezzi. Il "carburante" delle rinnovabili, sia lo scarto organico, sia il vento o il Sole, non subisce variazioni di prezzo, poiché il costo della materia prima grezza è zero, ed è indipendente da variazioni di governo in remoti paesi, da ricatti diplomatici o da variazioni di mercato. Come è successo per le fossili tra il 2021 e il 2022. In pratica il prezzo dell'energia da fonti rinnovabili è fissato dal costo dell'impianto di produzione ed è lo stesso fine al fine vita dell'impianto: oltre vent'anni. Ciò per le imprese è fondamentale, perché la stabilità nella fornitura energetica per vent'anni consente una pianificazione accurata delle proprie dinamiche industriali. Se a ciò aggiungiamo il fatto che s'abbattono in maniera drastica le emissioni climalteranti, la cui tassazione già esistente aumenterà in futuro, si comprende perché molte imprese stanno lavorando sull'autoproduzione energetica da rinnovabili.