Pierangelo Soldavini • Giornalista di Nòva24 - Il Sole 24 Ore
“Siamo stanchi di sentire sempre le stesse parole. Ma dopo questo lungo buio dell’emergenza pandemica non c’è altra soluzione possibile se non ripensare il modo di produrre, di alimentarci, di consumare. Imparando a volerci bene.”
Ma basta! Non posso più sentir parlare di sostenibilità! Sembra la
parolina magica che risolve tutti i problemi, soprattutto oggi,
all'indomani di questa stramaledetta pandemia che ha stravolto il mondo.
Eppure ne siamo usciti e ci ritroviamo come eravamo prima, con le
stesse certezze nel progresso e nella capacità dell'uomo di adattarsi e
trovare soluzioni. Senza bisogno di essere più sostenibili.
Come
sempre siamo tornati ad andare al lavoro e a scuola. Abbiamo ripreso a
viaggiare, in aereo o in nave, per scoprire il mondo o per questioni di
lavoro. Usiamo la macchina che poi è il mezzo migliore per muoversi
senza rischiare assembramenti. Parlano di ripensare le città in un nuovo
modo ma perché dovremmo rimettere mano a realtà che per così tanto
tempo hanno funzionato. Il petrolio… come poter rinunciare a una fonte
di energia efficiente che ha garantito tanto sviluppo: sostengono che
stia finendo ma non c'è nessuna certezza su quanto ce ne sia sotto i
nostri piedi. Le fonti rinnovabili, l'acqua, il sole, il vento, perfino
il mare, non riusciranno mai a sostituire il caro vecchio petrolio.
Dicono che ci sia un problema di cambiamento climatico, che dovremmo
cambiare le nostre abitudini perché stiamo consumando tutte le risorse
della Terra, ma sono solo storie di chi guarda al futuro solo con grande
pessimismo. Qualcuno si è accorto di qualche cambiamento? Sostengono
che il pianeta si stia surriscaldando e che l'Italia diventerà un grande
deserto, ma nessuno se n'è accorto. Qualche anno più caldo, qualche
temporale in più, fa tutto parte dell'imprevedibilità metereologica.
Gli esperti arrivano a terrorizzarci sostenendo che quello che mangiamo
ci sta facendo solo male: troppi pesticidi, troppa chimica, troppi
allevamenti intensivi, troppo sfruttamento del terreno. Che poi, come
potremmo sfamare una popolazione mondiale che sta arrivando velocemente
agli otto miliardi di persone e che entro fine secolo supererà con ogni
probabilità i dieci miliardi, rinunciando a tutti questi sistemi?
Lo
chiamano sviluppo sostenibile perché non sanno bene neanche loro cosa
stanno dicendo. E puntano a creare nuovi business: tutto si riduce a
quello!
Però in questi ultimi mesi qualcosa è cambiato. Siamo
tornati a guardarci, ma solo a distanza. Quel nemico infido e invisibile
che ci ha cambiato la vita forse è stato provocato dall'intrusione di
noi umani nel suo ambiente. Abbiamo vissuto per mesi nelle nostre case
trasformate in caverne, non potevamo vederci e anche quando abbiamo
potuto farlo dovevamo prendere tutte le precauzioni del caso. Alla fine
anch'io devo ammettere di aver sofferto di questo isolamento e non
vedevo l'ora di tornare a vedere la luce, le montagne, i prati, i fiori:
non mi è mancata mai così tanto la natura, tanto che adesso vorrei
vedere le nostre città più verdi e fiorite. Ho sentito la necessità di
aria pulita, fresca: ora anch'io ho imparato a distinguerla da quella
che respiriamo ogni giorno nelle nostre città, mefitica, intrisa di
puzza e di gas. Senza tenere conto di quegli uragani che hanno provocato
l'allagamento delle vie della città: non avevo mai visto tempeste
tropicali di quel genere dalle nostre parti, tanta furia e tanta rabbia
buttata giù dal cielo provocato dalle nostre intrusioni che hanno
distrutto il benessere dell'ambiente.
Adesso ho iniziato anch'io a
controllare quello che mangio: ho capito che c'è cibo e cibo, c'è
quello che non ha alcun sapore, fatto solo per nutrirci – e chissà poi
se davvero ha un valore nutritivo – e quello che porta in tavola il
sapore della nostra cultura e della nostra storia, della nostra terra e
dell'amore di chi lo produce con cura riportando le persone al centro.
Perché quello che conta davvero è il benessere di ciascuno, lo stare
bene con noi stessi e il mondo, la qualità della vita. Questi mesi ce
l'hanno insegnato.
Forse anche a me adesso interessa la
sostenibilità della presenza dell'umano sulla Terra. Non è vero che è
una parola vuota. La chiamerei solo in altro modo: volersi – e volerci –
bene!